Villa Greppi, un grande atelier per artisti

Villa Greppi apre le sue porte agli artisti e diventa un grande atelier d’arte. Con il progetto Residenze d’artista, il Consorzio Brianteo Villa Greppi destina alcuni dei suoi spazi all’accoglienza di artisti in arrivo da tutto il mondo: un’iniziativa che trasforma gli ambienti al piano terra della Villa di Monticello Brianza in veri e propri atelier per la creazione artistica e la villetta situata all’ingresso del Parco in un alloggio temporaneo per quegli artisti che non sono del territorio.

Un progetto ambizioso, pensato per creare uno spazio di lavoro, ricerca e riflessione, per promuovere scambi culturali e per avvicinare ancora di più il mondo dell’Arte ai cittadini, che possono ammirare le opere e conoscere il processo creativo che porta alla loro realizzazione. Di anno in anno Villa Greppi accoglie diversi artisti, tutti chiamati a lavorare a un progetto tematico e a destinare una delle loro opere alla collezione d’arte del Consorzio.

Edizione 2023/2024

Il progetto Residenze d’artista di Villa Greppi accoglie quattro nuovi ospiti: tre bimestrali e un annuale.

Antonella Gerbi si è aggiudicata la residenza annuale, che le permetterà di lavorare nell’atelier in Villa per un anno intero. La sua residenza inizierà in gennaio. Antonella è un’artista poliedrica, che si muove tra scultura, installazione e performance. Coerente con lo spirito della sua ricerca, che si sviluppa sempre in relazione all’occasione in cui è coinvolta, per il suo anno in Villa Greppi non ha pensato a un’opera nello specifico, ma ha manifestato un’intenzione. “Sento l’urgenza di proporre per la residenza una tematica che sia insieme espressione personale che comunitaria, utilizzando il mezzo artistico come veicolo per far osservare, riflettere, educare, difendere e valorizzare ciò che siamo e ciò che abbiamo intorno”, scrive nel suo progetto. Oggetto della sua intenzione è la tematica ambientale, che lei ama interpretare fuori dai consueti confini, connettendola alla realtà sociale e umana del luogo. Attraverso l’esplorazione del luogo, condotta mediante la realizzazione di disegni, di azioni performative che possano coinvolgere anche i fruitori della villa e di opere tridimensionali composte anche con materiali trovati sul posto, la Gerbi raggiungerà la completezza del suo progetto. Una scrittura in frammenti, che sappia raccontare poeticamente la realtà che ha incontrato in un anno di lavoro.

Il primo residente bimestrale, invece, è Giulio Saverio Rossi, che da Massa arriverà a Monticello negli ultimi mesi del 2023. Classe 1988, Giulio ha proposto un progetto molto poetico, che affonda le radici nella tradizione dell’uso dello specchio nero, tanto cara ai Macchiaioli e, più in generale, ai pittori di paesaggio e vedute del XVIII e XIX secolo. La sua ricerca con lo specchio nero è nata nel 2018, come indagine sul paesaggio in relazione ai dispositivi ottici, e sembra nata per essere condotta nei luoghi di Alessandro Greppi, raccogliendone l’eredità artistica.

Altra residente bimestrale sarà Federica Zianni, trentenne, nata a Roma ma residente a Milano. Ancora giovane ma già con un eccellente curriculum, Federica è un’artista che si esprime soprattutto con l’installazione, muovendosi tra tecniche e materiali diversi, sia tradizionali (come la fusione in bronzo a cera persa), che inconsueti (come camere d’aria e lacci emostatici). Per Villa Greppi propone un progetto che racconta l’attualità. “La mia generazione ha dovuto affrontare due trasformazioni ambientali: quella naturale e quella sociale.”, spiega nella sua proposta, “Gli esseri umani non possono ignorare la cultura in cui sono nati e che costituisce la loro identità, poiché rappresenta un aspetto fondamentale della loro vita”.

Infine Isabella Mazzanti, classe 1982, proveniente da Monte Porzio Catone (RM). Isabella è un’illustratrice di talento, con alle spalle un notevole numero di pubblicazioni. Due anni fa, durante una residenza in Svezia, ha iniziato un progetto, Nocturnals, scritto a quattro mani da lei e dall’ornitologo David Wiggins, che è anche ricercatore di letteratura gotica. Nocturnals è una graphic novel dalle sfumature noir e fantasy, visivamente ispirata alla natura incontaminata delle foreste svedesi, all’architettura italiana barocca. Nella sua residenza in Villa l’artista intende sviluppare questo progetto, trovando nuove fonti di ispirazioni per realizzare nuove tavole e arricchire il racconto.

Edizioni passate

Edizione 2022

Gli artisti “residenti” 2022

Gli artisti che si sono aggiudicati il bando 2022 e che vivranno e lavoreranno nell’atelier di Villa Greppi sono tre. Le residenze prenderanno avvio in aprile, con la residenza di Marianna Iozzino, in arrivo da Varese. Il suo è un universo sospeso e poetico, fatto di segni, appunti tracciati su taccuini privati, giochi di luci e ombre che si rincorrono rapidi su un foglio di carta. “Vorrei sviluppare il mio lavoro pittorico in stretta relazione col contesto, andando alla ricerca del particolare, del trascendente, della luce e delle ombre di ogni ambiente del casale, appuntando tutto su dei piccoli taccuini, che costituiranno il fulcro della mostra finale. Vorrei infatti che i taccuini nati da questo soggiorno siano posti in relazione con gli ambienti, appoggiati su una sedia, appesi al soffitto, ecc.. e che creino una sorta di calendario personale del mio modo di vivermi questa esperienza artistica. (…) ”, “Tutte queste esperienze si concretizzeranno nella creazione finale di una tela, il cui tema, ora ignoto, si genererà pian piano durante una ricerca paziente…”, spiega lei stessa nel progetto presentato. A convincere è stata la poeticità intima e la forza espressiva del suo segno, sia quando declinato in bianco e nero, nelle piccole dimensioni della pagina di un taccuino, sia quando gestito nella potenza del colore, su tele di più ampia dimensione.

Seconda ospite della Villa, nel periodo che va da agosto a ottobre, sarà Giulia Nelli, di Legnano. Artista dalla notevole personalità, Giulia impiega come proprio materiale d’elezione i collant di nylon, che media con elementi pittorici o trasforma in vere e proprie installazioni site specific. Il suo progetto propone una riflessione sulle relazioni interpersonali e sul rapporto uomo-natura, temi di grande attualità. “Le opere che intendo realizzare”, scrive Giulia, cercheranno di rappresentare tali valenze opposte per esprimere i sentimenti contrastanti di questo periodo storico, nel quale alla fiducia nella scienza e nel progresso si affianca un forte senso di vulnerabilità e di fragilità dell’essere umano. Ecco allora che a vuoti e a forme fragili, ritagliate, sottili ed esili, si affiancheranno le trame dei fili, ottenuti dalla rottura e dalla scomposizione del tessuto dei collant, che fungeranno da connettori, mostrando quale forza può generarsi da apparenti fragilità grazie al complesso intreccio di legami fisici e immateriali che intessono la storia di un territorio”.

Ultimo residente del 2022 Maurizio Pometti, artista catanese. Con Maurizio torniamo nell’ambito della pittura nel senso più tradizionale del termine. “Nella mia pittura cerco di recuperare il valore del ricordo dove l’uomo, sempre al centro della scena, vive un luogo che accomuna tutti noi. Credo che ogni luogo sia contaminato dalle nostre esperienze, dal nostro vissuto e dagli avvenimenti che uniscono le nostre vite come un filo trasparente”, scrive l’artista, che in questo momento sta vivendo un periodo particolarmente ricco di successi, avendo recentemente vinto anche il Premio Morlotti e avendo partecipato a numerose esposizioni in tutta Italia. La sua è una pittura di narrazione, dal gusto raffinato, capace di suggerire atmosfere sospese nel tempo, dal vago senso retrò, figlie di un certo immaginario letterario e cinematografico, eppure presenti e attuali. La memoria è sempre stato uno dei tempi portanti delle finalità delle Residenze di Villa Greppi.

Edizione 2021

Gli artisti “residenti” 2021

È iniziato un nuovo anno di Residenze a Villa Greppi: come di consueto arriveranno in Villa nuovi artisti, pronti a fare questa bellissima esperienza e ad arricchirci con le loro ricerche, i loro pensieri e i loro linguaggi artistici. In questa edizione non è stata attribuita la residenza annuale; sono stati selezionati, invece, tre artisti bimestrali che potranno godere anche degli spazi dell’atelier per realizzare i loro lavori.

Il primo artista arrivato in sede è Aran Ndimurwanko, nato a Trento nel 1991, figlio dell’incontro di Carla, trentina, e Abraham, burundese. La commistione di culture delle sue origini caratterizza la sua ricerca, sorprendente per il modo libero e inusuale con cui interpreta la tecnica della scultura del legno, assai diffusa dalle sue parti, e con cui ama trasformare processi creativi tradizionali, come quello del cucito, ad esempio, in una dimensione diversa e innovativa.

A seguire è stata la volta di Simona Sala, un’artista poliedrica e completa, che si muove tra arti visive, performance e teatro. Forte di uno straordinario curriculum di esperienze in Italia e all’estero, Simona si muove in ambiti diversi, tenendo sempre fede a un profondo impegno sociale e all’ipotesi di un’arte che si faccia testimone del proprio tempo, anche attraverso “una nuova ritualità di partecipazione”. Il progetto con il quale ha convinto la commissione artistica è un lavoro complesso e molto interessante nei contenuti. Senza svelare troppo, possiamo anticipare che Simona Sala lavorerà sul concetto disvelamento dell’individualità, l’Aletheia greca, e sulla necessità di “sollecitare il testimone che abita in ognuno per metterlo davanti all’incontro con l’altro”.

Alice Bertolasi, infine, ha affascinato la giuria con le sue opere sospese e silenziose, che valorizzano “la fragilità come veicolo linguistico estetico ed espressivo”. Anche lei è un’artista che sa muoversi su tecniche e linguaggi diversi e che ama coniugare la parola alle arti visive: spesso componimenti poetici accompagnano i suoi lavori. Alice si propone di “raccogliere ciò che l’attualità suggerisce e la poesia delle piccole cose porta nel profondo”, realizzando una “sintesi di mappe emotive individuali e autonome”.

Tre sguardi molto diversi, dunque, cresciuti e maturati in ambienti geografici e culturali altrettanto differenti. Come di consueto le Residenze offrono una preziosa occasione di dialogo con artisti che sapranno interagire con il contesto locale, portare nuovi motivi di riflessione e possibili risposte e, soprattutto, proporre ai fruitori di Villa Greppi una serie di opere d’arte pensate, suggerite e create grazie al contatto con il territorio del Consorzio.

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Edizione 2020

Gli artisti “residenti” 2020

Un nuovo anno di Residenze d’artista. Nonostante le difficoltà dovute all’emergenza per il Covid19, Villa Greppi torna ad accogliere l’arte, segnando simbolicamente una ripartenza dopo la quarantena che ha sospeso ogni attività nei primi mesi del 2020. Un progetto che, per questa terza edizione, si apre a luglio e terminerà a gennaio 2021 e che può contare sulla presenta di tre artisti, tra loro molto diversi per formazione e linguaggio.

A lavorare per l’intero periodo all’interno dell’atelier allestito nella Sala Ratti è Silvana Castellucchio, pittrice di talento ma anche professionista nell’arte terapia, disciplina che intreccia con passione alla sua ricerca artistica personale. «Lo stile della Castellucchio – spiega Simona Bartolena, consulente per le arti visive del Consorzio Villa Greppi – affonda le radici nella pittura informale. Pur nella loro natura introspettiva, le sue opere, dai cromatismi intensi e dalle pennellate istintive e materiche che ordiscono, strato dopo strato, trame ben strutturate, nascono da suggestioni esterne e dalla relazione e il confronto con gli altri». In occasione delle Residenze, Silvana lavorerà a un progetto particolare, che non si ferma alla pittura ma che dialoga con l’arte processuale e la land art: la realizzazione di una serie di tele da disporre nel parco di Villa Greppi, lasciando che la natura, inesorabilmente, faccia il proprio corso sulle loro superfici, modificandole.

Francesca Della Toffola e Attilio Tono sono, invece, i due residenti che abiteranno per un bimestre ciascuno la casa del custode, all’ingresso del parco di Villa Greppi. Tra luglio e agosto, Francesca realizzerà un progetto fotografico dedicato agli ambienti della Villa, interpretati attraverso la sua persona. «La Della Toffola – riprende Bartolena – lavora da sempre sull’autoritratto con un approccio molto particolare al tema. Usando magistralmente il fotomontaggio, costruisce immagini che sovrappongono la sua figura a spazi e ambienti per lei significativi. Fino a oggi Francesca, che viene dal Veneto, ha raccontato se stessa nei suoi luoghi d’appartenenza (il suo giardino, la casa dei genitori…), trasformandoli in spazi altri, in immagini potentemente simboliche, che raccontano l’identità femminile e indagano il rapporto tra l’essere umano e l’ambiente. Il rapporto con un luogo nuovo, a lei estraneo, produrrà certamente nuovi sviluppi nella sua ricerca, ma offrirà anche un nuovo sguardo sulla Villa e il suo splendido parco».

Atteso tra settembre e ottobre, invece, Attilio Tono, artista che si divide tra Milano e Berlino e che si è aggiudicato la sezione speciale del bando dedicata alla realizzazione di un’opera d’arte con il tronco di Cedro dell’Himalaya che si trova all’ingresso del Parco. Una sezione speciale che è novità di questa edizione di Residenze, pensata per trasformare un Cedro dell’Himalaya ormai inerte in un’opera d’arte scultorea. «Il progetto con cui Attilio si è aggiudicato la residenza – spiega la curatrice – è molto interessante e ben rispecchia la sua produzione di sculture polimateriche, fortemente percettive e profondamente poetiche, pur nel rigore delle loro forme, che mettono in relazione materiali diversi, che aprono un dialogo tra sensazioni tattili e visive opposte».

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Edizione 2019

“Residenze d’artista: istantanee di un percorso”: mostra 2019

Una mostra collettiva per raccontare un intero anno di lavoro all’interno dell’atelier per artisti di Villa Greppi. Si chiude con l’esposizione Residenze d’artista: istantanee di un percorso anche la seconda edizione di Residenze d’artista. Dopo aver ospitato nello spazio allestito al piano terra della Villa Vera Pravda e Roberto Picchi e aver accolto, di due mesi in due mesi, Carlo Mangolini, Maddalena Granziera e Claudio Beorchia, che hanno potuto soggiornare nella casetta posta all’ingresso di Villa Greppi, l’Antico Granaio ospita la mostra finale con le opere di tutti e cinque gli artisti che in questo 2019 hanno preso parte al progetto.

> Qui tutti i dettagli sull’inaugurazione e sulla mostra

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Edizione 2019

Roberto Picchi e Vera Pravda per le due residenze annuali rivolte ad artisti del territorio, mentre in arrivo da diverse aree d’Italia Carlo Mangolini, Maddalena Granziera e Claudio Beorchia, artisti che per due mesi ciascuno stanno soggiornando all’interno della foresteria posta all’ingresso del Parco di Villa Greppi. Sono loro i vincitori del bando 2019 di “Residenze d’artista”: cinque nuovi artisti che, pur con approcci molto diversi, hanno in comune la sensibilità nei confronti del tema ambientale.

«Le Residenze d’artista per noi sono l’esempio più concreto di come si possa recuperare il patrimonio immobiliare di Villa Greppi per farlo rivivere con l’arte. Riportiamo tra le mura di un luogo che appartiene alla nostra storia la cultura che vive, che sperimenta. Questo è l’obiettivo per il quale stiamo lavorando e che già vede qualche risultato concreto».

Marta Comi, Presidente del Consorzio Villa Greppi

«Nuovo anno, nuovi residenti! Anche per le residenze d’artista di Villa Greppi è cominciato un nuovo anno: un anno che si promette molto interessante e che vedrà in dialogo artisti molto diversi tra loro, provenienti da diverse zone d’Italia. In attesa dell’arrivo dell’aquilano Carlo Mangolini, che abiterà l’alloggio destinato ai residenti bimestrali in primavera, giungono a occupare per un anno l’atelier che lo scorso anno è stato di Federica Ferzoco e Leonardo Prencipe due artisti del territorio: Vera Pravda e Roberto Picchi. Con due linguaggi distantissimi e storie professionali molto diverse, Vera e Roberto si confronteranno per tutto il 2019, condividendo gli spazi del laboratorio ubicato al piano terra della Villa. Scultore e ideatore di installazioni site-specific lui, pittrice lei, i due artisti trovano un forte punto di contatto nella passione per il tema ambientale ed ecologista. Nei prossimi mesi, grazie alle occasioni di incontro e ai momenti di apertura al pubblico dell’atelier impareremo a conoscerli e avremo occasione di dialogare con loro e ammirarne l’opera. Per adesso ci limitiamo a dare loro il benvenuto, augurando loro di passare al meglio, come hanno fatto l’anno passato Federica e Leonardo, questo anno di Residenza».

Simona Bartolena, durante la presentazione pubblica degli artisti di sabato 20 ottobre 2018

Edizione 2018

Quella delle Residenze d’artista è una realtà che, negli ultimi anni, si sta definendo con sempre maggior chiarezza anche in Italia. La possibilità di soggiornare in un luogo altro dalla propria residenza per dedicarsi alla propria arte in un contesto diverso da quello in cui si vive nella propria dimensione quotidiana è un’esperienza molto preziosa per un artista, al di là delle opportunità pratiche che la residenza offra.

Il Consorzio di Villa Greppi, nell’ambito del contenitore Villa Greppi per l’Arte, ha iniziato questa nuova avventura nel dicembre 2017, offrendo i propri spazi ad artisti locali e stranieri in due progetti paralleli: il primo prevede la residenza di due artisti del territorio ai quali viene dato a disposizione un atelier-laboratorio nel quale lavorare per un anno; il secondo ospita invece, ogni due mesi un artista differente, che avrà anche l’alloggio in Villa.

La finalità delle Residenze è sia, da una parte, mettere in contatto artisti di diversa provenienza tra di loro, lasciare che si confrontino, contaminino, relazionino, sia, dall’altra, portare l’arte nella sua forma più esperienziale e diretta più vicino agli utenti del Consorzio (adulti e bambini), organizzando incontri, dibattiti, momenti di confronto degli artisti residenti con il territorio.

L’idea della Residenza d’artista, dunque, proietta il Consorzio di Villa Greppi in una dimensione ben rara dell’universo artistico: quella della collaborazione attiva con gli artisti e il loro coinvolgimento diretto con il luogo e la realtà circostante.

Gli artisti residenti parteciperanno agli eventi di ogni genere organizzati in Villa, saranno a disposizione per dibattiti, visite da parte di appassionati e curiosi, laboratori nelle scuole e avranno, a loro volta, modo di incontrare altri artisti della zona, mettersi in relazione con realtà culturali del luogo, esplorare un territorio.

La prima call è stata vinta – su decisione di un comitato scientifico selezionato che ha fatto da giuria – da Federica Ferzoco e Leonardo Prencipe, che occuperanno per un anno gli spazi dell’atelier messo loro a disposizione. Due artisti molto diversi tra loro ma con un elemento in comune: la splendida leggerezza e trasparenza del loro linguaggio. Da una parte le garze della Ferzoco, dall’altra gli acquerelli di Prencipe. Una leggerezza tutta apparente, però, che nasconde, per entrambi, un linguaggio dal carattere forte e sicuro, che si traduce in immagini tutt’altro che lievi nella loro essenza.

La prima residenza bimestrale, invece, si è svolta in collaborazione con FARE e ha portato come primo ospite Gabriel Stöckli, che resterà in Villa Greppi fino a fine giugno 2018. In ottobre il testimone passerà a un nuovo residente, selezionato con una nuova call.

In dicembre una mostra collettiva racconterà il lavoro svolto dai residenti dell’anno, tracciando il primo tratto di un percorso che si spera darà frutti preziosi per chi parteciperà come artista e per chi, invece, deciderà di avvicinarsi a questa realtà come fruitore.

Simona Bartolena, consulente per le arti visive del Consorzio

"Residenze: istantanee di un percorso"La mostra di opere di Federica Ferzoco, Leonardo Prencipe e Roberto Picchi

Una mostra collettiva per raccontare un anno di lavoro all’interno dell’atelier per artisti di Villa Greppi. Si chiude così, con l’esposizione Residenze: istantanee di un percorso, la prima edizione di Residenze d’artista: dopo aver ospitato nello spazio allestito al piano terra della Villa Federica Ferzoco e Leonardo Prencipe e aver coinvolto anche l’artista Roberto Picchi, tra l’altro vincitore del bando 2019, dal 10 al 25 novembre l’Antico Granaio di Villa Greppi diviene sede espositiva per le opere realizzate in un intero anno di progetto.

Un’esposizione curata dalla consulente per le arti visive del Consorzio Villa Greppi Simona Bartolena e che è visitabile tutti i sabati e le domeniche fino al 25 novembre, dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18, e tutti i giovedì pomeriggio dalle 15 alle 18.

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Artisti residenti

  • 2024

    Antonella Gerbi

    In dialogo con Villa Greppi

    Artista poliedrica, Antonella Gerbi si muove tra scultura, installazione e performance. Coerente con lo spirito della sua ricerca, che si sviluppa sempre in relazione all’occasione in cui è coinvolta, per il suo anno in Villa Greppi non ha pensato a un’opera nello specifico, ma ha manifestato un’intenzione.

    “Sento l’urgenza di proporre per la residenza una tematica che sia insieme espressione personale che comunitaria, utilizzando il mezzo artistico come veicolo per far osservare, riflettere, educare, difendere e valorizzare ciò che siamo e ciò che abbiamo intorno”, scrive nel suo progetto.

    Oggetto della sua intenzione è la tematica ambientale, che lei ama interpretare fuori dai consueti confini, connettendola alla realtà sociale e umana del luogo. Attraverso l’esplorazione del luogo, condotta mediante la realizzazione di disegni, di azioni performative che possano coinvolgere anche i fruitori della villa e di opere tridimensionali composte anche con materiali trovati sul posto, la Gerbi raggiungerà la completezza del suo progetto. Una scrittura in frammenti che sappia raccontare poeticamente la realtà che ha incontrato in un anno di lavoro.

  • 2022

    Maurizio Pometti

    Il filo della memoria

    C’è qualcosa che proviene dal passato nei dipinti di Maurizio Pometti: un’eco, un filo che si intreccia nella memoria (individuale e collettiva) e che appartiene alla storia del nostro Paese. Un racconto tutto italiano. Un’atmosfera e un’iconografia che hanno il sapore di un romanzo storico, di un film neorealista, di qualcosa che ci appartiene, un ricordo sfocato eppure persistente.

    Non per caso tra i propri riferimenti letterari Pometti cita Il giovane Holden – il romanzo di formazione per eccellenza – e Il Gattopardo – vera e propria icona della sua regione d’origine: la Sicilia. “Nella mia pittura cerco di recuperare il valore del ricordo dove l’uomo, sempre al centro della scena, vive un luogo che accomuna tutti noi”, spiega l’artista stesso, “Credo che ogni luogo sia contaminato dalle nostre esperienze, dal nostro vissuto e dagli avvenimenti che uniscono le nostre vite come un filo trasparente”.

    Le opere di Pometti partono da fotografie raccolta qua e là. Non importa chi siano i protagonisti di quelle foto: l’immagine, fissata dall’obiettivo, supera l’esistenza stessa dell’individuo immortalato, si fa assoluta, continua a vivere autonomamente. I corpi e i volti di persone che Maurizio non ha mai conosciuto, diventano soggetto per il suo universo pittorico. Corpi e volti che non hanno più uno spazio-tempo, che paiono sospesi in un luogo rarefatto e suggestivo, plasmate nella materia dei sogni o di lontani ricordi. Il monocromo azzurro, questa particolare gamma cromatica sulla quale Pometti insiste, rende questa sensazione ancor più profonda, proiettando chi osserva il dipinto in una dimensione altra, atemporale, da una parte famigliare, dall’altra distante e immaginifica.

    Anche per lui, l’esperienza in Villa Greppi non sta passando senza lasciare tracce sulla sua pittura. Pur restando fedele alla sua cifra stilistica e ai propri soggetti, nei lavori realizzati nel periodo di residenza Pometti ha osato una pennellata più decisa e definita, che incide maggiormente i contorni delle figure, accentuandone la plasticità. Egli ha, inoltre, avuto occasione di riflettere sul valore del paesaggio. Sedotto dalla magia del parco della Villa (e forse anche dai disegni di Alessandro Greppi, fonte di ispirazione e “nume tutelare” di buona parte dei residenti del progetto!), Maurizio ha cominciato a sperimentare il tema del paesaggio naturale, in opere pensate in dialogo – quasi a formare dei dittici – con le sue composizioni con figure.

    Simona Bartolena

  • 2022

    Giulia Nelli

    Trame di fili

    Tra tutti i possibili materiali con cui fare arte, Giulia Nelli ne ha scelto uno ben particolare: il tessuto dei collant. Con questa materia elastica, avvolgente, trasparente e solo apparentemente fragile disegna nello spazio strutture dinamiche, dall’aspetto biomorfo, che si relazionano con esiti sempre molto interessanti con l’ambiente che le ospita.

    Nata a Legnano nel 1992, Giulia ha studiato a Brera dove si è laureata nel 2014 e al Politecnico, dove ha conseguito nel 2016 il Master IDEA in Exhibition Design. Per completare la sua formazione ha seguito il corso di Arazzo Contemporaneo presso la Scuola d’Arte Applicata del Castello Sforzesco a Milano.

    Quello della Nelli è un lavoro legato alla manualità, a una gestualità che rimanda al contempo alla tradizione del lavoro femminile e alla pratica sperimentale della scultura più d’avanguardia.

    Per Villa Greppi Giulia ha immaginato un progetto artistico, come spiega lei stessa, “che utilizzerà la metafora del viaggio all’interno del bosco e del suo sottosuolo per interrogarsi su un nuovo modo di intendere la convivenza tra gli uomini: da un lato, un percorso interiore alla ricerca del senso della vita attraverso il tessuto di legami e la rete di relazioni che segnano il cammino di ogni individuo e lo rendono capace di sentire in profondità; dall’altro lato, un’immersione fantastica nel suolo, dove comunità vegetali e animali sono integrate in una rete estremamente complessa che dà priorità al mantenimento di legami simbiotici, offrendo un nuovo punto di vista su come portare avanti la sfida per la sopravvivenza sulla terra. Ritengo, infatti, che il duplice tema delle relazioni interpersonali e del rapporto uomo-natura sia stato reso ancora più attuale dall’emergenza COVID 19, che ha ampliato la percezione di solitudine che da tempo contraddistingue una società fortemente individualistica e ha incrinato il fascino del gigantismo in ambito industriale, agricolo e urbano, a favore di modalità di convivenza che sappiano integrare senza soluzione di continuità ogni elemento della cultura, dell’economia, dell’urbanistica e della tecnologia nella vita simbiotica della terra”.

    Da un punto di vista artistico, le opere che intende realizzare in residenza cercheranno di esprimere i sentimenti contrastanti di questo periodo storico, nel quale alla fiducia nella scienza e nel progresso si affianca un forte senso di vulnerabilità e di fragilità dell’essere umano. Ecco allora che a vuoti e a forme fragili, ritagliate, sottili ed esili, si affiancheranno le trame dei fili, ottenuti dalla rottura e dalla scomposizione del tessuto dei collant, che fungeranno da connettori, mostrando quale forza può generarsi da apparenti fragilità grazie al complesso intreccio di legami fisici e immateriali che intessono la storia di un territorio”.

  • 2022

    Marianna Iozzino

    Intima poeticità

    L’universo di Marianna Iozzino è sospeso e poetico, fatto di segni, appunti tracciati su taccuini privati, giochi di luci e ombre che si rincorrono rapidi su un foglio di carta. “Vorrei sviluppare il mio lavoro pittorico in stretta relazione col contesto, andando alla ricerca del particolare, del trascendente, della luce e delle ombre di ogni ambiente del casale, appuntando tutto su dei piccoli taccuini, che costituiranno il fulcro della mostra finale. Vorrei infatti che i taccuini nati da questo soggiorno siano posti in relazione con gli ambienti, appoggiati su una sedia, appesi al soffitto, ecc.. e che creino una sorta di calendario personale del mio modo di vivermi questa esperienza artistica. (…)”, “Tutte queste esperienze si concretizzeranno nella creazione finale di una tela, il cui tema, ora ignoto, si genererà pian piano durante una ricerca paziente…”, spiega lei stessa nel progetto presentato. A convincere è stata la poeticità intima e la forza espressiva del suo segno, sia quando declinato in bianco e nero, nelle piccole dimensioni della pagina di un taccuino, sia quando gestito nella potenza del colore, su tele di più ampia dimensione.

  • 2021

    Alice Bertolasi

    La poesia della polvere

    Alice lavora con la polvere, in cerca della poesia che le piccole cose ci offrono e che spesso noi, frettolosi e distratti, non siamo in grado di cogliere.
    A Villa Greppi Alice Bertolasi porta la sua ricerca delicata e poetica, che si muove sul filo di un sussurro per raccontare temi profondi e importanti. La fragilità, del resto, per lei è un veicolo estetico ed espressivo straordinario e come tale non la nasconde, anzi, la cerca e la esalta. Cosa racconta più di un luogo, del passare del tempo, dell’esistenza stessa che un granello di polvere? Lei, dunque, trasforma i granelli di polvere in opere d’arte e l’azione dello spolverare in performance e installazioni sonore. I suoi sono interventi sinestetici, che coinvolgono tutti i sensi, che avvolgono lo spettatore trasportandoci in uno spazio-tempo intimo che ci riguarda direttamente.

    Alice traccia mappe emotive seguendo il racconto di ciò che nella consuetudine spazziamo via senza remore e riguardi, raccoglie le memorie di un luogo considerandone il segno del passare del tempo, in una riflessione che sta in equilibrio tra il senso della Vanitas e l’indagine sulla storia di un luogo.
    Artista completa e sempre in cerca di nuovi linguaggi da sperimentare, la giovanissima Alice Bertolasi stupisce con una serie di interventi diversi realizzati con tecniche differenti.

  • 2021

    Aran Ndimurwanko

    L'arte è contaminazione

    Pensare a uno scultore del legno nato a Trento conduce subito a un preciso immaginario. La scuola dei maestri del legno di quella zona d’Italia è notissima, importante e molto connotata. Per questo è stato notevole l’effetto della lettura del progetto con cui Aran ha vinto la prima residenza bimestrale in Villa del 2021: il legno c’era, ma era usato per realizzare sculture totemiche, di chiara ascendenza africana ma anche frutto di uno strano e proficuo incontro tra culture diverse, in bilico tra preistoria e contemporaneità.
    Aran Ndimurwanko è nato a Trento, nel 1991 ed è figlio dell’incontro di Carla, trentina, e
    Abraham, burundese. Le sue doppie origini gli hanno lasciato un dono prezioso: la possibilità di contaminare mondi, di mescolare estetiche e linguaggi. Un dialogo che ha dato subito spessore alla sua ricerca artistica, in un percorso cominciato con il diploma in Decorazione Pittorica all’Istituto d’Arte A. Vittoria di Trento nel 2010 e proseguito con quello in Scultura nel 2015 all’Accademia di Belle Arti di Venezia, nella classe di Giuseppe La Bruna. Da allora la sua personalità si è definita con sempre maggior chiarezza, scegliendo come propria cifra stilistica l’utilizzo di materiali naturali e di recupero, quali terracotta, legno, pietra.
    L’approccio con lo scenario di Villa Greppi è stato dei migliori. Come gli altri residenti, anche lui se n’è subito lasciato conquistare, immergendosi completamente nella serenità di un luogo tanto avvolgente e affascinante. “Non è una cosa da tutti i giorni poter avere due mesi tutti per sé, fatti solo per pensare al proprio lavoro!”, afferma con entusiasmo, e mentre lo dice gli occhi gli brillano. Due mesi senza altre preoccupazioni che quella di fare arte, di sperimentare, di lavorare sui suoi progetti gli sembrano davvero un bene prezioso. Il primo progetto intrapreso, tra l’altro, lo vede cimentarsi in una tecnica diversa da quella a lui famigliare della scultura nella materia. Aran ha preso in prestito una macchina per cucire e si sta dedicando alla realizzazione di arazzi in tessuto. Le forme e le figure essenziali sono le sue, ancestrali, quasi tribali, ma la contaminazione con il luogo è evidente.

  • 2020

    Silvana Castellucchio

    Tra pittura e land art

    Silvana Castellucchio ha vinto la residenza annuale: il suo progetto per Villa Greppi si estende per tutto il 2020. Pittrice di talento, Silvana è anche professionista nell’arte terapia, disciplina che intreccia con passione alla sua ricerca artistica personale.

    Lo stile della Castellucchio affonda le radici nella pittura informale. Pur nella loro natura introspettiva, le sue opere, dai cromatismi intensi e dalle pennellate istintive e materiche che ordiscono, strato dopo strato, trame ben strutturate, nascono da suggestioni esterne e dalla relazione e il confronto con gli altri.

    Il suo posto nel progetto Silvana se l’è guadagnato con un progetto particolare, che non si ferma alla pittura ma che dialoga con l’arte processuale e la land art. Ispirata dal parco della Villa, Silvana sta lavorando sul tema del Minotauro e del labirinto, con disegni su carta e tele che disporrà poi in un percorso all’aria aperta. Spesso Silvana destina i lavori su tela al progressivo degrado, esponendoli all’aria aperta. Anche in questo caso interagirà con l’esterno della Villa, creando percorsi e mettendo in dialogo i propri dipinti con l’ambiente circostante e con i visitatori.

  • 2020

    Francesca Della Toffola

    Sperimentazioni fotografiche dagli esiti sorprendenti

    Del tutto straordinario e in qualche modo inaspettato è stato l’incontro tra Villa Greppi e Francesca Della Toffola. Nella sua residenza, avvenuta tra luglio e agosto, Francesca è stata stregata dalla Villa e dai suoi segreti. Con il suo obiettivo ha catturato gli aspetti più magici dello splendido edificio e ha condotto la propria ricerca con una serie di sperimentazioni fotografiche dagli esiti sorprendenti, usando tecniche desuete, quale il foro stenopeico e potenziando il suo abituale processo creativo che prevede il fotomontaggio e la sovrapposizione di immagini diverse. Nella mostra di fine anno avremo modo di scoprire questo suo viaggio molto personale nelle stanze della Villa.

  • 2020

    Attilio Tono

    Dal tronco alla scultura

    Attilio Tono sta lavorando all’ambizioso progetto per cui è stato chiamato in Residenza: realizzazione una monumentale scultura con il tronco di Cedro dell’Himalaya che si trova all’ingresso del Parco. Attilio giocherà sulle forme, sui pieni e sui vuoti, sul dialogo dei materiali, mettendo la sua interessantissima ricerca artistica al servizio di una sfida non semplice ma certamente molto stimolante. «Il progetto con cui Attilio si è aggiudicato la residenza – spiega la curatrice – è molto interessante e ben rispecchia la sua produzione di sculture polimateriche, fortemente percettive e profondamente poetiche, pur nel rigore delle loro forme, che mettono in relazione materiali diversi, che aprono un dialogo tra sensazioni tattili e visive opposte».

  • 2019

    Roberto Picchi

    La memoria in un frammento

    Per chi segue dall’anno scorso le attività legate alle Residenze d’artista di Villa Greppi quello di Roberto Picchi è un nome familiare. Picchi, infatti, aveva vinto lo scorso anno un premio speciale della commissione per il suo progetto “Rivivere”. L’opera proposta – evocativa fin dal titolo – suggeriva una riflessione importante sul tema del consumo smodato di carta. Nei suggestivi spazi del Sottogranaio della Villa, Picchi aveva ricreato un ambiente naturale “ove il tempo e lo spazio paiono sospesi e la presenza dell’uomo incombe sul paesaggio incontaminato”.
    Quest’anno Roberto è riuscito a convincere ancora la commissione scientifica del progetto promosso dal Consorzio di Villa Greppi e ad aggiudicarsi la residenza annuale con un’opera altrettanto intelligente e affascinante. Picchi raccoglierà “frammenti” lasciati nel parco, elementi sia naturali che artificiali raccolti nell’area che circonda la Villa e li trasformerà in oggetti scultorei inglobandoli nella resina, donando loro una nuova vita e una identità.

    Roberto Picchi è nato nel 1996. Terminate le scuole secondarie ha frequentato il liceo artistico M.K.Gandhi, di Besana Brianza. I primi due anni ha studiato arte figurativa. Nel triennio successivo ha conseguito il diploma nell’indirizzo grafico-pubblicitario. Terminate le scuole superiori ha intrapreso, nel 2015, gli studi accademici presso l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo, seguendo il corso di pittura.
    Sebbene sia ancora molto giovane, Picchi ha già una personalità ben definita e una linea di ricerca molto solida. Le sue opere – tutte site-specific – rivelano una notevole capacità nell’indagine di un tema e nella sua trasformazione in un’opera d’arte sempre originale ed efficace.

  • 2019

    Vera Pravda

    Ritraendo l'anima nascosta della Villa

    Classe 1974, laureata in Storia dell’arte all’Università di Siena, Vera Pravda prima di approdare alla pittura è stata museologa, archivista e art director. Di questo suo passato da organizzatrice e teorica dell’arte, Vera ha mantenuto la fiducia nella relazione con il pubblico, nel dialogo con gli altri, considerando i momenti di interazione un motivo di riflessione e un’occasione preziosissima di crescita.

    Il suo anno in Residenza Vera l’ha ottenuto grazie al progetto Quarantotto, che prevede la realizzazione di sei dittici dedicati ad altrettanti luoghi iconici di Villa Greppi. Una tela al mese, dunque, per mettersi in relazione con i luoghi che la ospiteranno per un intero anno. I sei dittici saranno composti da due tele di 2 metri x 2 ciascuna e prevederanno sei punti di vista diversi osservati in momenti diversi delle stagioni, cogliendo le mutazioni atmosferiche e climatiche. “L’obiettivo”, scrive Vera, “è catturare l’identità nascosta, l’anima celata dei luoghi che accolgono la residenza, in modo da distillare l’essenza di Villa Greppi come luogo affettivo, legato alle emozioni e alle memorie, individuali e collettive”.

    Ma l’ambizione di Vera Pravda non si ferma all’indagine territoriale trasformata in opera d’arte. La sua ricerca presta, da sempre, un occhio di riguardo all’ecologia. L’artista, infatti, impiega per i suoi lavori una speciale vernice che abbatte i NOx, i gas prodotti dalla combustione, tra le principali cause di inquinamento dell’aria. Ogni metro quadrato di dipinto realizzato ha lo stesso impatto sull’inquinamento di quello di un metro quadrato di foresta ad alto fusto. Alla creazione artistica, dunque, si associa un’azione benefica sull’ambiente.

    Con il suo stile dal vago sapore pop, che sintetizza l’immagine e la traduce in campiture cromatiche piatte e brillanti, Vera interpreterà dunque, immergendovisi con gli occhi e il cuore, il parco e la villa nei diversi momenti dell’anno, con esiti che sapranno sorprenderci.

  • 2019

    Carlo Mangolini

    Quello che resta

    I meccanismi della memoria – sia privata che collettiva – si muovono su molteplici binari. Il ricordo di un individuo, di una società, di un territorio può permanere nel tempo grazie a mezzi differenti: immagini fotografiche, ad esempio, o il racconto orale tramandato di generazione in generazione, o documenti e testi scritti, oppure oggetti o ciò che resta di essi. Quest’ultima categoria è spesso la meno immediata: senza dubbio è quella che richiede maggior attenzione e sensibilità da parte di chi la raccoglie, talvolta salvandola dall’indifferenza che l’avrebbe condannata alla distruzione o ad essere coperta dalla polvere degli anni. Eppure questi frammenti hanno uno straordinario potere evocativo. Del passato non conservano solo il ricordo personale di un narratore, né l’occhio soggettivo di un fotografo, ma recano le tracce di un’esistenza ancora tangibile, reale. Sulla loro superficie – spesso abrasa, ossidata, scolorita, danneggiata, ferita – essi registrano la vita che hanno conosciuto e le impronte delle mani che li hanno toccati, di qualcuno che li ha posseduti, utilizzati, forse anche buttati o abbandonati in un angolo.

    Archeologo del contemporaneo, Carlo Mangolini costruisce memorie collettive partendo dal ricordo individuale di un oggetto recuperato. Nel farlo mette a frutto i suoi molteplici talenti: la logica e il rigore dei suoi studi e del suo mestiere di architetto, l’attenzione per le dinamiche di una società e uno sguardo intelligente sulle relazioni tra diversi elementi in uno spazio coltivati grazie alla sua attività di curatore di mostre ed eventi culturali e il linguaggio personale di un artista libero dagli schemi, che ha seguito i suoi percorsi, facendo le proprie scelte senza mai adeguarsi alle consuetudini imposte dal sistema dell’arte.

    Nella messa a fuoco del suo operare artistico gioca un ruolo fondamentale la sua città di provenienza: L’Aquila. Il ricordo ancora tangibile del drammatico terremoto che ne ha letteralmente distrutto non solo le architettura ma anche il tessuto sociale offre alla ricerca di Carlo Mangolini un terreno ricco di motivi di riflessione. Basterebbe la sua opera Quello che resta, composta da frammenti di oggetti in ferro che fanno da cornice ai resti di un grazioso putto di ceramica (un tempo esposto nel suo studio, raso al suolo dal sisma), per comprendere la via espressiva di questo artista capace di affidare un ricordo personale a un semplice oggetto: un oggetto che, immediatamente, si trasforma in icona, in un’immagine potentemente evocativa nella sua disarmante semplicità.

    Attraverso gli oggetti – vecchie chiavi, serrature, vecchie lampadine, rubinetti, lame, seghetti, pezzi di ferro arrugginito… – Mangolini tesse trame tutte da leggere. Con curiosità e una sensibilità fuori dall’ordinario, Carlo indaga, cerca, studia, comprende… e scrive storie; storie che raccontano, fanno riflettere, denunciano o semplicemente – romanticamente – ritraggono le persone, i luoghi, le società che lui ha incontrato, mescolando ricordi, incrociando esistenze, culture, sentimenti… costruendo nuove memorie.

  • 2019

    Maddalena Granziera

    Paesaggi, tra pittura e fotografie

    La seconda residente bimestrale del 2019 del progetto di Villa Greppi è Maddalena Granziera, artista trevisana. Giovanissima (è nata nel 1991) ma già con un curriculum di tutto rispetto, Maddalena si è guadagnata il favore della commissione grazie a un progetto dedicato a un’indagine geografica del territorio compreso tra le province di Como e Lecco. Il progetto porterà alla realizzazione di vari lavori – disegni, fotografie, tele – ma l’opera principale è una mappa in scala 1:25.000 realizzata su tela in cui sono riportati, tramite pittura a olio, i due rami del Lago di Como e i laghi di Montòrfano, Alserio, Segrino Pusiano e Annone.

    Attraverso l’utilizzo della tecnica del trasferimento fotografico, la Granziera riporta sulla tela alcuni dettagli fotografici dei luoghi visitati durante la prima fase di esplorazione. L’effetto evanescente delle fotografie e il colore rosa dell’acqua contribuiscono a generare una “mappa astratta” lontano da una rappresentazione didascalica del territorio, in cui ogni elemento diventa parte di un grande disegno immaginario. Il calcolo in scala e gli scatti originali (che sulla tela perdono di definizione) sono l’unico riferimento “oggettivo” alla realtà.

    Partendo da tecniche e metodi propri della cartografia e dello studio della conformazione geografica di un territorio, l’artista trasforma il dato oggettivo in qualcosa di immaginifico, sfuggente, onirico, che si misura con la pittura (una pittura sensibile, attenta alle percezioni atmosferiche, alle variabili del vero), con il segno astratto (un segno deciso, forte, sicuro), per liberarsi dai vincoli di una singola disciplina e aprirsi a una straordinaria contaminazione di grammatiche diverse, che porta a un’indefinibile, e per questo attraente, originale e interessante, modalità espressiva.

  • 2019

    Claudio Beorchia

    Le due anime di Villa Greppi

    Nato a Vercelli nel 1979, formatosi tra Venezia e Milano, ora residente vicino a Venezia, Claudio Beorchia è un artista complesso, difficilissimo da chiudere in una definizione. Se ne rende conto anche lui quando, nel suo sito, rinuncia a raccontare i propri lavori perché troppo difficili da descrivere e mostrare in una pagina web.

    Beorchia si muove rapido e libero, sia dal punto di vista “geografico” che da quello “creativo”. Il suo curriculum espositivo è notevole, considerando la sua età, e altrettanto, forse ancor più, impressionanti sono le sue collaborazioni con realtà italiane e straniere, per cui ha realizzato opere site-specific. Perché Claudio procede così nella sua ricerca: per progetti, residenze, incontri. Ed è così che nascono le sue opere: per contaminazioni, intuizioni, punti di vista. Nessun limite nel linguaggio, nello stile, nei materiali impiegati. La sua personalità sta proprio nel non avere una personalità codificata, nel muoversi senza argini nelle infinite possibilità espressive, scegliendo ogni volta le caratteristiche, le tecniche, gli strumenti più efficaci per comunicare un concetto, un’idea, un’emozione.

    Claudio Beorchia, quindi, giunge a Villa Greppi come un foglio bianco pronto a farsi scrivere sopra un racconto. Aspetta che il luogo gli parli, gli suggerisca una sensazione da tradurre in un’installazione totalmente site-specific. Un’opera che non sarebbe mai nata senza questa esperienza.

    Interessantissime, quindi, sono le sue prime notazioni: qualcosa è come si aspettava (la villa, il parco…), qualcosa invece lo sorprende: “Quello che mi ha sorpreso – afferma – è ciò che avviene appena fuori, al di là del cancello e del muro: il traffico vorticoso lungo la strada. La casetta del custode dove risiedo è una sorta di frontiera, di dogana: se mi affaccio verso la Villa c’è pace e tranquillità; se mi affaccio verso la strada c’è invece l’incessante andirivieni di auto, camion, moto. Il momento per me più emblematico di questo iato, visivamente surreale, si compie nei weekend quando, da tarda sera fino a notte fonda, va a sistemarsi, quasi di fronte all’ingresso di Villa Greppi, appena più giù in direzione Carate, il furgoncino dei panini. In genere ricollego quel tipo di presenza a contesti urbani, lungo le statali e vicino ai locali notturni. Trovarmelo qua è stato davvero curioso. Senza dubbio rifletterò su questa doppia anima della Villa, che mi sembra in realtà una caratteristica generale e forse peculiare di questo territorio: angoli verdi, colline e residenze appartate, che si alternano repentinamente a rotonde, strade dense di auto e aree fortemente urbanizzate. Cercherò di creare un dialogo fra le due anime, quella bucolica e lenta della Villa e del Parco, con quella più frettolosa e motorizzata appena fuori. Attualmente sto ragionando su due possibili vie per instaurare questo dialogo: una che esplora il paesaggio attraverso il linguaggio fotografico, l’altra invece più vicina alla poesia performativa. In entrambi i casi si tratta di progetti mossi dalla ricerca di leggerezza (in senso Calviniano) e sottilmente ironici (come spesso accade nei miei lavori)”.

  • 2018

    Leonardo Prencipe

    Il silenzio del tempo

    C’è un contrasto stridente tra il tocco raffinato, da abilissimo acquerellista, di Leonardo Prencipe e i soggetti da lui trattati. Un contrasto che accende riflessioni profonde sulla reale identità di un oggetto, anzi, di quel che resta di un oggetto, perché protagonisti delle opere dell’artista sono rottami, carrozzerie sfasciate, lamiere di ferro arrugginite che un tempo erano automobili e motociclette… Nella trasparenza del colore e nella leggerezza del segno, Prencipe dona a questi oggetti un tempo dinamici e ora inanimati un soffio vitale, ridandogli un’anima, un senso, un nuovo ruolo. C’è una poesia malinconica negli acquerelli di Leonardo, c’è il silenzio del tempo che su queste auto e su queste moto è passato, lasciando i suoi segni, graffiando e guastando, incapace, però, di cancellarne del tutto l’identità, di occultarne il ricordo. Ed è proprio questa identità che Prencipe richiama alla memoria, evocando ricordi e emozioni legati alla storia, con un punto di vista che riconsidera il rottame come qualcosa da valorizzare e nobilitare. Anche facendone un soggetto pittorico. Per l’opera finale da lasciare a Villa Greppi Prencipe ha pensato alla raffigurazione di una Moto Guzzi, veicolo profondamente legato al territorio lecchese.

    (Simona Bartolena)

    BIOGRAFIA DELL’ARTISTA

    Leonardo Prencipe nasce a Manfredonia nel 1985. Dopo essersi diplomato, si trasferisce a Bologna dove inizia gli studi di pittura all’Accademia di belle Arti nel corso del Prof. Bruno Benuzzi. Contemporaneamente all’accademia, frequenta un corso di fumetto ed illustrazione presso l’associazione Giardini Margherita di Bologna. Interrompe gli studi in accademia e si sposta a Chieti dove si diploma nel corso di Fumetto presso la Scuola Internazionale di Comics di Pescara. Nel frattempo continua a studiare la pittura come autodidatta e nel 2010 si trasferisce a Milano dove riprende gli studi interrotti all’accademia di Belle arti Acme, frequentando il corso di pittura del Prof. Bernardino Luino. In seguito si trasferisce a Brera, e conclude il percorso di pittura con il Prof. Renato Galbusera, diplomandosi nel 2013 con il massimo dei voti. Ha in attivo diverse esposizioni su tutto il territorio nazionale.
    Attualmente vive e lavora a Lecco.

    APERTURA AL PUBBLICO DELL’ATELIER

    Tutti i martedì di luglio dalle ore 9.00 alle ore 13.00; domenica 15 settembre e domenica 23 settembre 2018, in occasione dell’iniziativa “Ville Aperte in Brianza”.

  • 2018

    Federica Ferzoco

    Presenze trasparenti

    “Credo che tutti abbiamo una seconda vita, quasi segreta, con la quale proviamo a vivere emozioni e pensieri diversi da quelli consueti. Quando ho cominciato il mio lavoro cercavo appunto di definire quest’altra me. Ogni ricerca personale, artistica, poetica ha bisogno delle sue definizioni particolari e credo che ogni artista non si senta appagato fin quando non trova questa sua dimensione, diciamo, parallela. Quando ho fatto il primo calco in garza ho scoperto proprio questo, un sentimento di definizione. Potevo, finalmente, abitare questa me parallela e comunicare da qui con gli altri.  La garza, per me, significava soprattutto trasparenza, leggerezza e presenza di una forma. Nel mondo simbolico da cui vedo la mia contemporaneità la trasparenza e l’allusione alla forma mi permettono di muovermi senza fissare delle appartenenze. Le nostre generazioni sono cresciute in un periodo nel quale le grandi aspirazioni e le certezze sociali venivano meno e abbiamo dovuto, in tempi brevi, riprogettare il nostro futuro. Oggi, credo che la nostra grande possibilità sia proprio l’incertezza ovvero quel momento dove il margine tra ciò che è definito e ciò che non lo è consente di sperimentare nuovi usi della libertà emotiva ed intellettuale. Con i miei lavori in garza faccio questo, abito delle possibilità”.

    Così, con la chiarezza e la serenità riguardo alla propria ricerca che la contraddistingue, Federica Ferzoco racconta i motivi del proprio lavoro. Federica indaga da sempre la materia, ne cerca gli aspetti meno consueti, ne trova i linguaggi più interessanti: la piega, la plasma, la trasforma, la rende veicolo di forme e figure senza tempo, sospese tra la tradizione classica e la sperimentazione contemporanea. Nelle sue garze, nei suoi tessuti leggeri, ineffabili, dinamici, tramuta i corpi in spiriti o forse, al contrario, dona agli spiriti un corpo, rendendoli visibili ai nostri occhi. Sono figure che spiazzano, ma non spaventano né inquietano, anzi semmai incantano, regalandoci una splendida sensazione di avvolgente intimità, inducendoci ad abbassare un po’ la voce, quasi per non destarle o per non rompere la magia della loro silenziosa presenza, della loro serena, naturale sebbene inspiegabile, immobilità.

    I corpi in garza della Ferzoco abitano gli spazi, si adagiano negli ambienti prendendone possesso. Essi dialogano con il mondo e la sue forze naturali, temono gli elementi (come si preoccupa Federica per la possibile presenza di umidità, condizione letale per il suo lavoro! Come si preoccupa per la delicatezza delle sue sculture!) ma al contempo sfidano ciò che li circonda, cambiando in qualche modo la dimensione spazio-temporale del luogo dove sono collocati. E sono molto più forti di quanto la loro stessa creatrice non creda. Forse possono sciuparsi, danneggiarsi, mutarsi in qualcosa di diverso dalla perfezione del calco uscita dalle mani dell’artista… Ma sopravvivono. Corpi immobili ma non statici. Ombre ma non spettri. Riflessi di vite ancora presenti. Ci sono. Esistono qui e ora. Pare anche di udirne il respiro. Per Villa Greppi Federica ha intenzione di creare un’installazione con i calchi di coloro che in un anno di lavoro si sono prestati a farle da modelli.

    (Simona Bartolena)

    BIOGRAFIA DELL’ARTISTA

    Federica Ferzoco vive e lavora a Milano, dove ha conseguito il Diploma Accademico in
    Scultura e il Diploma di 2° Livello a indirizzo Didattico all’Accademia di Belle Arti di Brera.
    Alla sua attività artistica affianca l’insegnamento delle Discipline Plastiche e Scultoree nella scuola secondaria di secondo grado.
    > Leggi la sua biografia dettagliata

    APERTURA AL PUBBLICO DELL’ATELIER

    Giovedì 5 luglio dalle ore 15.00 alle 18.00; giovedì 12 luglio dalle ore 15.00 alle 18.00; lunedì 30 luglio dalle 20.15, in occasione della proiezione cinematografica di “Rapsodia d’Agosto”; giovedì 19 agosto dalle 15.00 alle 18.00; domenica 15 settembre e domenica 23 settembre 2018, in occasione dell’iniziativa “Ville Aperte in Brianza”.
    Per chi lo desiderasse, durante le aperture al pubblico è possibile chiedere di partecipare alla realizzazione dell’installazione artistica offrendosi per un calco.
  • 2018

    Gabriel Stöckli

    Maggio e giugno 2018

    Gabriel Stöckli (1991) è un artista svizzero che vive e lavora tra Milano, dove frequenta il biennio specialistico in arti visive e studi curatoriali di NABA, e Balerna (CH). La sua ricerca si sviluppa a partire da una dimensione progettuale e compositiva declinata attraverso differenti modalità operative: collages, sovrapposizioni, decostruzioni di immagini, idee, oggetti che spesso appartengono a una quotidianità che lo circonda. Utilizza tecniche e materiali eterogenei con cui scomporre frammenti di realtà, foto e cartoline, tra le più disparate prelevate e ritagliate da magazines, giornali e rotocalchi, appartenenti anche a un immaginario popolare e diffuso; particolarmente importante il proprio background adolescenziale, che attinge allo skateboarding, musica e in generale a una maggiore spensieratezza. La procedura di costruzione di ogni lavoro rimanda a un concetto di modularità ottenuto con diversi espedienti tecnici come campiture cromatiche, installazioni e visioni in movimento.

Leonardo Prencipe
Opere

Federica Ferzoco
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